Opinió
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Lliures, contra la seva història
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31.07.2014
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S'acosta tempesta
Albert Pont
30.07.2014
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Els grups neonazis fan la feina bruta dels aparells oficials
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29.07.2014
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El finançament i el País Valencià. No tantes llàgrimes i més empenta
Fran Ferri
29.07.2014
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Fòrum 2004: cobra i vés-te'n
Gerard Horta
28.07.2014
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Pujol i els seus fills, la mala consciència
Francesc-Marc Álvaro
26.07.2014
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Quan Fabra entre a la presó, no ha d'entrar-hi sol
Vicent Marzà
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L'especial sensibilització catalana pel conflicte de Palestina
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22.07.2014
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'Aquest mes he pogut veure fins a quin punt són degradades les institucions valencianes'
Mònica Oltra
18.07.2014
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'Si fóssim a Londres o Nova York, "Mar i Cel" seria sempre a la cartellera'
Joan Lluís Bozzo
17.07.2014
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Judici a l’odi neonazi
Esteban Ibarra
14.07.2014
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Les rebaixes de novembre i el rum-rum de l’engany
Gerard Horta
13.07.2014
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We the radicals
Francesc Canosa
12.07.2014
Gennaro Ferraiuolo
23.01.2014
La visita di Maroni a Barcellona. Informazione e propaganda
'Fascista', 'xenofobo', 'razzista". Visita 'scomoda', 'imbarazzante', 'inopportuna'. 'Maroni non è benvenuto': in catalano, italiano e inglese, per evitare residuassero dubbi. Queste le formule ricorrenti nella stampa catalana di questi giorni, riferite a Roberto Maroni e al suo incontro con Artur Mas. Coerenti con queste premesse, il basso profilo voluto dalla Generalitat per la riunione (incontro rigorosamente privato, nessuna conferenza stampa, né foto né riprese), il comunicato diffuso dal govern al termine dell'incontro e la bella lettera di Mas al quotidiano italiano La Repubblica ('Lo spirito catalano'), pubblicata il giorno dopo la visita.
Domenica l'Ara pubblica una intervista a Maroni. L'impressione che se ne trae è in forte contraddizione con lo scenario sopra descritto: ne viene fuori un personaggio politico di tutto rispetto, con cui i catalani possono trovare piena sintonia. Tutt'al più un perseguitato dalla stampa (e dai giudici) italiani, che offrono un'idea distorta della Lega e dei suoi uomini.
Lo stesso giornale, lo stesso giorno, pubblica anche un articolo di Sebastià Alzamora in cui si parla 'de la molt xenofoba Lliga Nord [...] una de les forces europees que han donat un suport mes clar a la penosa Plataforma per Catalunya'.
Complessivamente, dunque, una visione manichea di Maroni e della Lega, che sollecita qualche riflessione. La prima: la Catalunya si mostra, come nella sua tradizione, uno spazio democratico e plurale. Nella medesima dimensione comunicativa - anzi nelle pagine della stessa edizione di un quotidiano - vengono fuori schizzi assai diversi di un uomo politico e del suo movimento; ciascun lettore, in tal modo, ha a sua disposizione molteplici chiavi di lettura per costruire, criticamente, le proprie idee.
Proprio in questa prospettiva però, se si vuole offrire un contributo alla chiarezza e alla tensione al vero, occorre chiedersi su quali fatti trovino riscontro le risposte di Maroni. Anche perché, se così non si facesse, i mezzi di informazione rischierebbero facilmente di trasformarsi da cane da guardia del potere nel suo megafono.
Il dichiarato europeismo della Lega, che stringe 'patti di ferro' con Marie Le Pen o con altri alleati discutibili, è compatibile con una idea democratica d'Europa, con l'idea che i catalani hanno dell'Europa? E' razzista un partito che utilizza come strumenti di contrapposizione politica espressioni come 'negro', 'orango', 'ebreo', 'finocchio'? Non si tratta di fenomeni di costume - gravissimo, per una democrazia civile, considerarli tali - ascrivibili a qualche isolato militante, ma condotte poste in essere da persone che rivestono (o hanno rivestito) posizioni istituzionali di primissimo piano: parlamentari, europarlamentari, ministri della Repubblica.
A leggere l'intervista, tutto ciò sarebbe solo il frutto di pregiudizi e di propaganda. E' vero. La Lega è vittima della propaganda: di quella stessa propaganda che utilizza per conquistare consenso parlando alla pancia delle persone. In un paese normale, per far capire cosa è la Lega, non sono necessarie inchieste complesse o materiali di difficile reperimento. E' sufficiente utilizzare gli stessi manifesti che il partito confeziona per campagne elettorali o di opinione, le pagine del suo organo di stampa ufficiale (La Padania), i programmi dei dibattiti che organizza, le dichiarazioni di suoi noti esponenti.
Anche il capitolo immigrazione viene liquidato nell'intervista in termini semplicistici. Non si tratta di discutere la reale o presunta somiglianza tra le diverse legislazioni europee in materia. Le 'innovazioni' introdotte dai governi Berlusconi-Lega (di cui Maroni ha fatto stabilmente parte nelle vesti di ministro) sono state oggetto di numerosi interventi della Corte costituzionale (ancora un complotto?) e delle giurisdizioni sovranazionali (ecco che il complotto diventa europeo).
Ma lasciando da parte la legge, esiste una dimensione etica e morale: quando le regole si rivelano inidonee a contenere i flussi migratori (per la non adeguatezza delle regole stesse o per la portata del fenomeno) uomini di diverse origini e cultura sono destinati a guardarsi faccia a faccia. Il leghista, che invoca una 'Europa cristiana' per contenere la 'invasione islamica', dimentica, anche di fronte alla estrema sofferenza del suo simile, i valori basilari della cristianità e si lancia in affermazioni che non meritano neanche di essere commentate.
Questi sono i fatti su cui si basa l’immagine della Lega che ha, mi è parso di capire, la maggior parte dei catalani. Se essi sono falsi ed esistono fatti diversi, in grado di suffragare le affermazioni che Maroni ha reso alla stampa, sarebbe importante saperlo. Per l'Italia, la Catalunya, l'Europa.
Gennaro Ferraiuolo, professore in Diritto Constituzionale a l'Università di Napoli Federico II
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